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  • Donatella Bizzotto

1904, Chieri. Una storia minima nel tempo del vaiolo

Una storia realmente accaduta a Chieri durante l'epidemia di vaiolo dal 1901 al 1905 con evidenti analogie con quella in corso. Ma, anche, come in una pagina del libro Cuore è una storia gentile, un richiamo all'educazione e alla buona volontà.


Questa donna che vedete attorniata dai suoi figli è Gin, al secolo Angela Chiusano vedova Cerrato, 37 anni, commerciante al dettaglio di commestibili e primizie in via Carlo Alberto 10. Lorenzo è il bambino in primo piano alla sua destra.


L’epidemia di vaiolo (1) le aveva appena portato via il marito lasciandola sola a crescere i loro sette figli ma Gin non poteva certo abbandonarsi alla disperazione, doveva insegnare ai suoi ragazzi ad accettare anche questa prova e reagire. Così, seppellito il suo Dino, per prima cosa pagò le medicine e ringraziò la Famiglia Nel (2) che aveva donato a sua figlia Margherita un vestito come nuovo per portare il lutto; poi, con il cuore pesante, accompagnò all’Ospizio Lorenzo, il minore dei suoi figli maschi.

“Un mese e vengo a prenderti”, gli promise. In un primo tempo l’offerta di vitto e alloggio che l’Ospizio di Carità riservava a un membro delle famiglie in condizioni difficili era stata assegnata a Vincenzo; ma lui era disperato, non voleva saperne di andare all’Ospizio da solo e lei non se la sentiva di obbligarlo, anche se in quel periodo le vendite nel suo negozietto erano diminuite moltissimo ed ora non entrava quasi più nessuno. Gin aveva già deciso di lasciar perdere, quando Lorenzo era intervenuto: “Puoi chiedere se accettano me, mamma.."

“Sei sicuro?”

“Ma sì, non è per sempre.”


Nel breve tragitto verso casa Gin cercò di recuperare la sua lucidità; doveva essere pronta a cogliere ogni segnale utile a suggerirle un cambio di prospettiva. Rifletté: l'impatto emotivo del contagio sulle persone e in particolare sulla sua clientela era stato drammatico; doveva dare un segnale di forte cambiamento e di rinnovata pulizia, condizione indispensabile nella sua attività.

Aveva notato che proprio di fronte al suo negozio si era liberato un piccolo stabile sviluppato in altezza con due locali al piano terra, uno da adibire alle vendite e l’altro, più interno, alla cucina. Vi si accedeva da una stretta porta a vetri. Era ancora libero, e lo ottenne subito in affitto grazie alla garanzia di serietà e affidabilità che l’accompagnavano. Si fece aiutare dai figli più grandi dove poté, per il resto diede l’incarico ad alcuni conoscenti di fiducia che ultimarono il trasloco dei pochi mobili e imbiancarono a calce tutte le stanze, ripassando con particolare cura le due al pianterreno. Pulì e riordinò. Poi acquistò della tela di cotone e confezionò nuovi grembiuli ben coprenti per sé e per i figli più grandi che la sostituivano occasionalmente. Non le restava che rifornire il suo negozio di alcuni prodotti alimentari e delle primizie freschissime per cui era rinomato; si accordò con il birocciaio per riprendere i viaggi a Torino tre volte la settimana e l’indomani partirono alle quattro, in modo da essere di ritorno a Chieri poco prima delle sette.

In men che non si dica il negozio riconquistò la sua clientela e ne acquisì di nuova grazie ad alcune iniziative di Gin. Una, in particolare, fece breccia tra i più giovani: era Sinch sold ëd tut (3), un cartoccetto che conteneva una caramella e quattro frutti secchi che variavano a sorpresa e secondo la stagione: una noce, una nocciola, una mandorla, una castagna, un fico, un dattero, una prugna, una carruba…


Non era ancora passato un mese che Gin andò a riprendersi Lorenzo all’Ospizio.

Il giorno dopo si presentò in negozio una signora tra le sue più affezionate clienti; apparteneva ad una famiglia facoltosa e si distingueva per i suoi modi semplici ed eleganti. Ora però era visibilmente arrabbiata e teneva per mano suo figlio, un bambino con il naso gonfio ed arrossato.

“Gin, lo sa che il suo Lorenzo ha tirato un pugno al mio Enrico (4)? Guardi!”

Gin era costernata, la bocca le si era seccata dall’agitazione ma in qualche modo si riprese e chiese subito scusa. Poi chiamò Lorenzo, che si scusasse anche lui, e appena fu a tiro gli afferrò un orecchio. Ma Lorenzo taceva. “Ebbene, parla, perché hai tirato un pugno ad Enrico? Chiedigli perdono!” Gli intimò la signora.

“NO!”

Gin non aveva mai tirato così tanto un orecchio. “Fuori da scuola ha chiamato me e Vincenzo variulun, vaiolosi, con cattiveria.”

Adesso era la signora che tirava forte un orecchio, quello di Enrico, e non sapeva più come scusarsi per quell’epiteto. Si rivolse gravemente al figlio con parole ricche di tensione morale, rispettose verso lo spirito di sacrificio di Lorenzo e la sua condizione di orfano. Chiese che venisse chiamato anche Vincenzo e volle che il figlio chiedesse loro perdono in ginocchio. Alla fine abbracciò Gin e quel gesto affettuoso fece sì che anche i tre ragazzi le imitassero commossi.

Gin pensò che il suo Dino sarebbe stato orgoglioso di tutti i loro figli ma le restava un rammarico: i più piccoli, soprattutto le due ultime nate, non avrebbero avuto nessun ricordo del papà, nemmeno un ritratto. E se fosse accaduto qualcosa anche a lei? Abbandonò subito questo pensiero e disse ai ragazzi che l’indomani avrebbero dovuto tutti mettersi in ordine e indossare i vestiti più belli. Era tempo di fare una foto.





1) Nel 1888 il vaiolo faceva ancora registrare 80.000 casi in Italia. Con la Legge Crispi-Pagliani per la tutela della igiene e della salute pubblica del 22 dicembre 1888, fu creato l’Istituto Vaccinogeno di Stato e si rese obbligatoria la vaccinazione antivaiolosa per tutti i bambini di due anni di età. In seguito il morbo si ripresentò con diverse epidemie che interessarono l’Italia e tutta l’Europa negli anni 1901-1905, 1910-1912 e 1918-1921, ma con indici di mortalità decisamente più bassi rispetto al passato. Di più su: Politiche sanitarie in Italia da Crispi a Giolitti. Percorsi di ricerca nelle carte dell’Archivio centrale dello Stato. SIDeS, «Popolazione e Storia», 1/2002, Mariapina Di Simone.


2) Giacomo Nel fu un filantropo di Chieri che promosse numerose opere di carità. tra cui l'Ospizio citato in questa storia. A Giacomo Nel è dedicata una via che costeggia l'Asilo infantile Sant'Anna di cui fu presidente.


3) Sinch sold ëd tut, cinque soldi di tutto: Ida, la signora centenaria che fino a poco tempo fa abitava in piazza Mazzini, se ne ricordava ogni volta che incontrava mio marito, bisnipote di Gin.


4) Enrico: nome di fantasia. Tra lui, Lorenzo e Vincenzo non ci fu mai più nessuno screzio.

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