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Donatella Bizzotto

Avventure con Bruna



Pur avendo frequentato sempre la mia stessa classe, non era mai stata mia compagna di banco; nonostante questo Bruna ed io ci intendevamo bene.

Era una bella bambina dal colorito lievemente abbronzato; sul suo viso paffuto risaltavano le guance sempre rosee. gli occhi scuri e splendenti e il sorriso luminoso, mettendo in secondo piano i capelli ribelli. Era quasi sempre in compagnia di sua sorella Maria e sua cugina Loretta, più grandi di qualche anno.


Una recita natalizia.

Dai primi di dicembre le insegnanti si prodigavano per insegnarci i canti e la più instancabile e appassionata era la signorina Spadarotto. Durante l’anno scolastico la sua austerità mi intimoriva un pochino, ma in quel periodo l'ammiravo tantissimo perché la sua dedizione mi ricordava Mariele Ventre, la maestra del coro dell'Antoniano di Bologna vista in TV nello Zecchino d'Oro. Durante quei momenti di preparazione dello spettacolo natalizio la musica, le luci, le piccole prove teatrali e i nostri costumi contribuivano a farci sentire in una dimensione speciale.

Quell'anno a Bruna fu assegnata la parte di un pastore e il giorno della recita indossò un enorme gilet di pelliccia di pecora. Con quel capo addosso rendeva il suo personaggio molto veritiero e le confidai la mia ammirazione; lei invece sbuffò per il caldo. Pensai che era pragmatica e per nulla timorosa di recitare davanti al pubblico. Mica come me che prima di cominciare me la facevo sotto ma cercavo in ogni modo di non darlo a vedere.



Al fioretto

Quando andavamo in chiesa, al fioretto di maggio, ci confrontavamo su quante croci ciascuna di noi aveva segnato quel giorno dietro l’immaginetta della Madonna. Il parroco, infatti, il primo giorno di quel mese aveva consegnato a noi ragazzi un santino, spronandoci a riempirlo di fioretti (ogni fioretto una croce), per poi bruciarlo a fine maggio in un fuoco votivo davanti all’altare della Madonna e san Girolamo Emiliani. Non riuscendo spesso a trattenere in bocca quello che avevamo da dirci fino al dopo-funzione, qualcuna di noi parlottava di gusto, dimentica del tempo e del luogo.

A richiamarci all’ordine erano due persone.

- Suor Maurilia A tutta prima ci lanciava uno sguardo inceneritore che non prometteva nulla di buono. Subito dopo cambiava repentinamente espressione e con un sorriso angelico prima accostava l’indice alla bocca per zittirci, poi ci indicava la statua del Sacro Cuore; infine ci lanciava una lunga occhiata a occhi socchiusi come per prendere la mira che significava; "Ti tengo d’occhio."

Questo era il primo avvertimento.

Se persistevamo nel chiacchierare, si avvicinava veloce e minacciosa come un nuvolone scuro foriero di tempesta e, continuando ciò che stava facendo e cioè cantando o recitando rosario e litanie, afferrava saldamente per un braccio la pecorella smarrita (ma avvertita) e senza tanti complimenti la spostava ficcandola in un banco accanto. Il più delle volte, con il fuoco negli occhi e arrabbiata per il nostro comportamento, non badava se il banco era tutto occupato; alle proteste per lo scompiglio di chi si era sentita invasa dalla nuova venuta, afferrava la contestatrice e la spostava al posto della compagna chiacchierina. Tutto questo in pochi secondi, seguito da un’occhiataccia che ci abbracciava tutte come una morsa.

- La Palanca

La chiamavamo sempre solo così, senza nome di battesimo, tanto che ho dovuto ricorrere a mia madre per sapere che si chiamava Oliva. Su un libro avevo visto un’immagine della regina Vittoria che si sorreggeva austera a un bastone, con una didascalia che la descriveva brevemente come donna burbera e determinata; tale e quale a lei!

La temevamo un po’ tutte, tranne Bruna che abitava sulla stessa via per il cimitero e la salutava cordialmente fuori dalla chiesa da brava vicina di casa ricevendo in cambio un sorriso affettuoso. Ma in chiesa no, per la Palanca la legge era uguale per tutti, Bruna compresa; prima individuava chi parlava e l'ammoniva ad alta voce, poi batteva il bastone contro il pavimento, per richiamare all’ordine. Bastava un tocco secco per impressionarci: così un po’ per la vergogna e un po’ per il timore di chissà quale sua reazione, stavamo subito zitte. Non ci accorgevamo dell'occhiolino d'intesa che si scambiava con la sua vicina.

Un giorno Bruna si ricordò di una commissione da sbrigare per la Palanca e mi invitò ad accompagnarla. Accettai, curiosa e insieme timorosa di entrare proprio nella tana del lupo. Chiedemmo permesso ed entrammo, come si usava allora, quando le porte delle case erano sempre aperte e i campanelli erano così rari da apparire quasi un segno di condizione privilegiata. La sosia della regina Vittoria ci accolse con un largo sorriso di benvenuto e qualche battuta impertinente; altro che aria burbera! Cambiai immediatamente idea e la trovai simpatica.




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