Agli ordini ma il capo resto io
Mentre me ne sto tranquilla a innaffiare pansé e gerani, non mi accorgo che qualcuno di nostra conoscenza cerca di attirare la mia attenzione con quei suoi bu! a basso volume, sinonimo – a seconda dei casi – di ho sete, apri la porta e attenzione generico e non urgente. Naturalmente, se inascoltato, il bu! diventa un BU! o addirittura un BU-BU-BU!!! ma questa è un'altra storia. Torniamo a noi.
Mi giro e lo guardo, i nostri occhi si incontrano.
Cosa vuoi, Sandrino?
E lui cosa fa? Volge lo sguardo alla biancheria stesa, poi a me, poi di nuovo alla biancheria come a dirmi: Be’, non la raccogli? E’ asciutta.
Sta’ a vedere che adesso devo eseguire gli ordini di un cane, penso. Ma effettivamente me n'ero dimenticata così, non subito ma dopo un po' perché il capo sono ancora io, decido di eseguire. Lui segue attentamente fino all'ultimo il percorso dei panni dal filo alla cesta, dopodiché brontolando se ne va a dormire.
Ora, sono (quasi) sicura di equivocare. Ma se così non fosse dovrei chiedere ad Antonio, il nostro istruttore cinofilo di Senzaguinzaglio, di resettarlo. Oppure potrei cederlo qualche ora agli impiegati laboriosi degli uffici pubblici in cui è permesso tenere i cani; lui farebbe filare chi batte la fiacca e l’eventuale compenso lo darei all’Enpa.
Oppure me lo tengo (il cane), e così avrei alla meglio un attento maggiordomo o alla peggio un emulo del severissimo sergente maggiore Hartcan: il caporale Arf-can.