Il cartoccetto
La vigilia dell’Epifania del 1963 aveva portato molte novità. La più strepitosa era stata l’arrivo di mia nonna Regina e la Rosina a casa nostra; le aveva accompagnate Pieretto, l’autonoleggiatore preferito dalla nonna, e l’indomani dopo pranzo sarebbe venuto a riprenderle con la sua Topolino.
Di solito eravamo noi ad andare a Quero per le feste grandi ma avevano sentito al giornale radio, mi dissero, che quell’anno la Befana sarebbe passata solo nelle case dei bambini, non dei nonni; così erano venute da me per poterla salutare. ‘’Anche per dirle come mi sono comportata?’’, chiesi, sicura di essere stata buona. ‘’Non ce n’è bisogno, la Befana vede tutto!’’, mi risposero, confermandomi che avrebbe messo nella calza quanto mi meritavo: carbone se ero stata cattiva, cenere e cipolle se ero stata così-così, giochi e cose buone da mangiare se ero stata brava.
Durante il pomeriggio la mamma e la nonna prepararono la pinza - il dolce povero della Befana - impastando insieme farina di frumento e di granturco, latte, zucchero, uova, fichi secchi, noci, nocciole e uva passa. Il dolce fu messo a cuocere nel forno della nostra cucina a legna e pian piano il suo profumo buonissimo invase l'appartamento.
Arrivò anche papà. Lo scoppiettio del fuoco creava una magica atmosfera, mi piaceva ascoltare i ricordi dei miei genitori e di mia nonna ma soprattutto la Rosina che raccontava le fantastiche storie di quando viveva a Schievenin, sul solitario Col dei Morosét.
Dopo cena apparecchiammo la tavola per la Befana: una scodella, un cucchiaio, dello zucchero, un pezzo di pane. Sul gas erano pronti la napoletana del caffè e un pentolino di latte. In un angolino c’era anche un po’ di fieno perché la mia Befana, essendo molto vecchia, aveva un asino volante che l’aiutava a portare il sacco dei regali; anche lui doveva rifocillarsi.
Non credevo ai miei occhi e alle mie orecchie. Andai a letto con l’intenzione di tenerli ben aperti tutti e quattro, volevo controllare se la Befana e l’asino avrebbero gradito lo spuntino e soprattutto se ci sarebbero stati regali per me. Invece mi addormentai subito come un sasso fino alla mattina dopo.
Quando mi svegliai trovai la calza sul letto. La Befana l’aveva riempita fino all’orlo, decorata con bagigi e caramelle; ci aveva pure legato assieme una bella scatola infiocchettata. Ero felicissima. Andai nel soggiorno, mi sedetti sul divano, aprii la calza e mi rovesciai il contenuto in grembo.
Lo vidi subito. Fra caramelle, mandarini, cioccolatini, lecca-lecca e uno scalogno c’era un cartoccetto misterioso. Lo tastai per capire cosa contenesse: sembrava una polvere, forse era sale, forse era zucchero. Sbirciai dentro: era cenere!
Mi tornarono subito alla mente le volte che avevo disubbidito o fatto capricci per la Vermolina* che mi sentivano fino all'Albergo Piave e pensai: ma allora è vero che vede proprio tutto!
Dopo un primo momento di delusione, buttai veloce la cenere sotto la credenza, che nessuno la vedesse. Mia nonna e la Rosina, però, dopo che ebbi scartato i regali tra cui un bellissimo gioco dell’oca che aspettavo da tanto, mi dissero che avevano visto la Befana infilare un pacchettino di cenere nella mia calza.
Che altro potevo fare? Ammisi, e giù a piangere prima piano e poi sempre più forte, per la delusione, per la rabbia e perché ero stata scoperta.
Fu così che mia mamma - per farmi finalmente smettere - mi disse che se d’ora in poi fossi stata più buona, forse avrei avuto una sorella.
* La Vermolina era uno sciroppo vermifugo oleoso di colore rosso e dal sapore disgustoso, composto di essenza di chenopodio e olio di ricino. La inventò il dottor Pio Lami (1872-1947), chimico farmacista.
Altri la pensano come me: Cattiva come la vermolina da http://oryctesblog.blogspot.com/2008/10/il-giardino-naturale-cattiva-comela.html