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  • Donatella Bizzotto

Ti ricordi quei giorni?


Era un periodo di forte instabilità politica e sociale, con manifestazioni e scioperi visti come strumenti per modificare gli equilibri esistenti. Per la prima volta le donne si sentivano protagoniste della loro vita non solo negli ambienti della famiglia e del lavoro, ma anche in quelli di protesta e dissenso. Nel dicembre 77 fu approvata dal Senato la Legge 903 sulla riforma del diritto di famiglia che vieta le discriminazioni su base sessuale per quanto riguarda l'accesso al lavoro, l'avanzamento di carriera e il trattamento economico. Ma quella legge fu solo l’inizio di un lungo e faticoso cammino che non ha ancora raggiunto la meta.

Nel frattempo proseguiva la lotta per la legalizzazione dell’aborto. Un po’ perché il problema, rimbalzato dal movimento e dalla contestazione femminista americana, contagiò le femministe italiane, e molto per le stime allarmanti dell’OMS che avevano valutato in molte centinaia di migliaia gli aborti clandestini praticati in scarse o assenti condizioni igienico-sanitarie cui le donne italiane meno abbienti ricorrevano ogni anno.

Mentre per Marusca fu chiaro fin da subito da che parte stare – e lo dimostrava anche partecipando ai cortei di protesta - per me fu un momento di intensa riflessione e indagine. Partivo senza dire niente a nessuno per esplorare da vicino le varie realtà della condizione femminile, i movimenti femminili politici e femministi che agivano in quel periodo, le soluzioni immediate al problema dell’aborto clandestino tramite i CISA e i viaggi a Londra e Amsterdam o mediante false diagnosi di aborto interno. Mi impressionò quel che vidi, fui sconcertata per la leggerezza con cui diverse donne, soprattutto ragazze, rimanevano incinta apposta per sottoporsi all’aborto nei CISA, proprio per farlo, come per dire ‘’io c’ero’’. Altre lo facevano per l’idea, per cambiare le cose, quasi immolandosi. Ma mi rendevo conto che qualcosa bisognava fare per aiutare le donne che vi ricorrevano per motivi più gravi, ed erano tanti, e per le donne che non avessero potuto usare metodi contraccettivi efficaci.

Con il passare degli anni conobbi tante situazioni, imparai molte cose; e ancora non ho finito.

Quando nel dicembre 77 il movimento femminista vide minacciato nell’iter parlamentare il principio dell’autodeterminazione, le donne scesero insieme nelle piazze delle principali città, rifacendolo a marzo. A Trieste, dove studiavo, nel marzo 78 le femministe occuparono simbolicamente per la seconda volta la direzione sanitaria del Burlo. Qualche femminista triestina diede il peggio di sé, a dire il vero, compiendo atti aggressivi e violenti: un ginecologo fu afferrato e tenuto sospeso nel vuoto dal quarto piano, nella grande tromba delle scale del Burlo; solo perché era ritenuto colpevole di dare il suo sostegno concreto alla causa in una vicina città, anziché a Trieste.

Il 17 maggio ci fu il referendum e cinque giorni dopo, esattamente quarant'anni fa, la Legge 194 fu pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

I disegni sono tratti dal mensile Effe


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