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Donatella Bizzotto

Vicino alla Casa Rossa. L'inizio.


Avevo quattro-cinque anni quando andammo ad abitare vicino alla casa rossa, più o meno a metà del paese che sorge lungo la strada ai piedi del Monfenera. L’appartamento, spazioso e luminoso, era posto al piano rialzato di una recente palazzina che si affacciava su un ampio marciapiede lungo la via principale, all’epoca solcata principalmente da camion carichi di marna per il cementificio a ridosso del Piave.


Sul retro della palazzina c’era il cortile da cui si accedeva ai garage e poi un susseguirsi di case, orti e cortili; c’era anche un bellissimo giardino in ‘stile disordinato’ ricco di fiori, alberi, arbusti, verdure, uno accanto all’altro ad occupare ogni pezzetto di terra a disposizione, un po’ come nei giardini dei cottage inglesi. Lo curava una signora paffuta dai vaporosi capelli d’argento che doveva essere senz’altro una fata; si chiamava Colomba e una volta, regalandomi una rosa, mi suggerì di esprimere un desiderio. Che poi si avverò!


Nell’appartamento sopra il nostro abitava una famiglia composta da nonna, zia adolescente, mamma, papà e bambino. Erano tutti molto simpatici a cominciare dalla nonna che aveva un nome bellissimo – Giorgia – e sempre qualcosa di interessante da raccontarmi. Fu lei a presentarmi suo nipote. Daniele mi piacque subito: era premuroso e tranquillo. Gli piaceva cantare, mi disse, per chiedermi subito dopo: “E a te?”


Non mi ero mai posta questa domanda e lì per lì non seppi rispondere, poi mi venne in mente La casetta in Canadà e la cantammo insieme tenendoci per mano.

Più tardi Daniele mi accompagnò da perfetto anfitrione a visitare i luoghi dove si poteva giocare: mai nell’androne di casa e sulle scale, sì in cortile, sì sul marciapiede ma senza scendere dallo scalino. E forse, chiedendo il permesso alla mamma, avrei potuto andare a fare compere nel vicino negozio di alimentari dei signori Durighello; o fino alla curva dove c’era il capitello di San Sebastiano; o a comprare il latte da un contadino che abitava più in là, dall’altra parte della strada; o a vedere tutti insieme la televisione alla casa rossa.


Questa cosa che le persone andassero a vedere insieme la televisione in una casa dipinta di rosso mi colpì; a Quero, da mia nonna Regina, di case rosse ce n’erano diverse: le casette rosse sul Cornella, la casa cantoniera, il Villino Belvedere sulla strada per il cimitero. Forse anche lì si poteva andare a vedere la tv. Sarebbe stato più divertente farlo in compagnia.


Mentre eravamo sul marciapiede, ci venne incontro una bambina. Era Lucia, la figlia dei vicini commercianti; aveva la loro stessa cordialità. Anche con lei mi sentii a mio agio. Mi fece un sacco di domande: quanti anni avevo, se avevo fratelli o sorelle… Poi, soddisfatta, esclamò: “Adesso ti manca solo di conoscere Patrizia! Ma oggi è andata dalla nonna.”

“Ha la tua stessa età, perciò forse andrete a scuola insieme”, aggiunse Daniele. “Ma non quest’anno. A ottobre tocca a me e Lucia. Voi dovete andare ancora all’asilo”.


Eravamo ancora in cortile quando arrivò un’automobile e ci facemmo da parte. In quel momento mia mamma mi chiamò. Prima di entrare in casa, mi voltai un’ultima volta verso l’auto e vidi scendere una bambina con due lunghe e bellissime trecce scure. Non sapevo ancora che sarebbe diventata la mia prima amica.


Continua..


Io all'epoca



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