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Donatella Bizzotto

Due fatti straordinari


In seguito accaddero un po’ di cose e per qualche tempo non potei rivedere la bambina con le lunghe trecce scure.


Per cominciare mi avevano tolto le tonsille a tradimento. Sì, proprio così: una mattina ero andata all’Ospedale "Guglielmo e Teodolinda d’Onigo" per una visita alla gola col cucchiaio. Non ero entusiasta, sapevo di cosa si trattava perché mi aveva già visitato con molta pazienza, diceva mamma, il dottor Sartorello. Tuttavia, anche se sentivo dei bambini piangere, ero abbastanza tranquilla in braccio a mio papà. Insieme ci stavamo inventando una storia su due oche e una casetta incisi sul vetro satinato della porta dell’ambulatorio.


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Ma quando entrai – vuoi perché era buio, vuoi perché una suora mi afferrò e mi fece sedere senza tante cerimonie in grembo a un tizio e poi entrambi mi tennero ferma - ebbi paura e cominciai a gridare aiuto a più non posso. Nel mentre era emerso nell'oscurità un dottore con la lampadina accesa, mi mise qualcosa in bocca per tenerla aperta e ZAC!

Dopo, nemmeno la presenza della mia carissima zia Luciana e il suo regalo riuscirono a consolarmi. E il dolore non passava neanche con gli abbracci di mamma e il gelato che papà era riuscito a trovare dopo lunga ricerca solo al Biancospino.

Finché una mattina accadde un fatto straordinario che mi fece aprire la bocca per lo stupore anche se, da quando mi avevano tolto le tonsille, mi ero ripromessa di tenerla sempre chiusa fuorché per mangiare o per parlare: davanti alla finestra che si affacciava in strada, vidi agitarsi un palloncino rosso, di quelli che volano via se non li tieni stretti. A quei tempi li vendevano solo nelle sagre o alle giostre, ma in quei giorni non ce n'era niente del genere lì vicino!

Chiamai mia mamma e intanto mi avvicinai con circospezione per guardare meglio; non vidi nessuno che lo teneva. Sembrava fosse lì per farsi prendere. Allora mamma aprì la finestra, afferrò il filo del palloncino e me lo legò al polso.. “Vuoi vedere che è un regalo della fata?”, pensai. Ero proprio guarita.


Intanto era giunto il 15 febbraio 1961.

Già il giorno prima si sentiva un gran fermento vicino alla Casa Rossa: ci sarebbe stata l’eclissi, il Sole sarebbe stato nascosto dalla Luna e il giorno sarebbe diventato notte. Chi affumicava pezzi di vetro, chi si era procurato vecchie pellicole, chi avrebbe desiderato indossare occhiali da saldatore perché, anche se il Sole si sarebbe oscurato, non si doveva guardarlo ad occhio nudo per non danneggiare la vista. Io avevo uno specchietto rotto che mia mamma aveva grattato un po’ nella parte opaca cercando di convincermi che mi sarebbe servito.


Quella mattina attraversammo la strada con Giorgia e Giuse per raggiungere altri vicini nel punto in cui il Sole sarebbe stato più visibile; c’era anche Luciana, una bambina con cui ogni tanto giocavo alla parrucchiera.

Faceva freddo ma non lo sentivamo, tutti uniti dall’entusiasmo e la trepidazione di vivere un fenomeno straordinario unico nel nostro tempo. Nella nostra zona, in realtà, il Sole fu nascosto parzialmente ma percepimmo ugualmente il calare improvviso della luce. Il chiacchiericcio si interruppe e sopravvenne un silenzio antico. Eravamo tutti piccoli di fronte all’immensità della natura.

Dopo, ognuno raccontò le sue emozioni e fu bellissimo.

Continua..

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